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DESTINATO AL VINO, LA STORIA DI MANUEL MARCHETTI

DESTINATO AL VINO, LA STORIA DI MANUEL MARCHETTI

Dalla Val Varaita al Guatemala

 

(Parte 1)

Dalla Valle Varaita al Guatemala. Da qui in Messico. E poi negli Stati Uniti, sognando la California. Infine il ritorno in Italia, tra Bra e Torino dove rilanciare una realtà vitivinicola da secoli votata all’eccellenza. Con una tappa a Barcellona. La vita di Manuel Marchetti, che oggi conduce l’azienda Marcarini con i suoi figli Andrea, Chiara ed Elisa, è un’avventura a perdifiato.

Un patchwork di esperienze, luoghi e persone che si ritrova, intatto, nella filosofia che oggi lo guida nella produzione dei suoi vini: «Molti dicevano che dovevo vinificare Barolo, specializzarmi solo e soltanto sul “Re dei vini”, accontentarmi di essere un barolista. La vita mi ha insegnato a rischiare, a buttarmi in nuove avventure, a non temere il futuro. Ecco perché la Marcarini non si è mai fermata al Barolo, ma dal Barolo ha tratto la forza per nuove sfide. La ricchezza viticola delle Langhe e del Roero è così vasta che ogni vitigno, qui da noi, vale le migliori bottiglie al mondo. In un fazzoletto di terra abbiamo una varietà enologica in grado di meravigliare il mondo: ecco perché io non faccio vini di territorio, ma di territori».

Manuel, tu sei nato in Guatemala, eppure hai il vino piemontese nel sangue, come è possibile?

Mio padre, Giorgio Marchetti,  classe 1933, era originario di Melle, in Val Variata, paese da cui proveniva tutta la mia famiglia. Aveva studiato agraria. Suo padre era segretario comunale e veniva spesso trasferito tra un comune e l’altro del Piemonte: forse questo aveva sviluppato nella mia famiglia uno spirito del viaggiatore, una sorta di “Dna nomade”. Ad un certo della sua vita, mio padre decise di cambiare aria, di andare altrove. Voleva qualcos’altro, non si accontentava. Fece domanda alla Cinzano e fu incaricato di volare in Guatemala, per seguire la parte tecnica legata alla produzione di Vermouth. Poco prima di partire  - con un pizzico di follia e tanto coraggio - volle sposarsi con la sua fidanzata, Rosa Moriondo: ora era pronto a lasciare l’Italia. Era il 1960. Io nacqui l’anno dopo a Città del Guatemala, la capitale.

Manuel Marchetti in Messico

Manuel Marchetti in abito messicano

 

E il vino?

Il vino era parte quotidiana del lavoro di mio padre. La Cinzano produceva ed esportava vini e Vermouth in tutto il Mondo e il Guatemala era un importante centro produttivo per l'America Centrale. Negli anni ’50 e ‘60 il marchio Cinzano era più famoso e diffuso della Coca Cola. Il vino faceva parte della nostra vita familiare e lavorativa. Per me, era anche uno straordinario gioco.

In che senso?

Quando nel 1965 ci trasferimmo dal Guatemala al Messico, sempre negli stabilimenti Cinzano, ricordo che passavo ore in azienda a fantasticare tra i grandi macchinari dell’azienda diretta da mio padre. Vivevamo accanto agli impianti. Scorrazzavo in mezzo alle vasche e alle pompe dei vini. C'erano contenitori  da mille ettolitri e distillatori così grandi che, nella mia fantasia, diventavano navi spaziali.

La famiglia Marchetti in Messico

Manuel Marchetti con la sorella e il papà in Messico

 

Com’era il Messico degli anni 60?

Era un paese in continuo fermento. Caotico, disordinato. Ma con le sue strane regole. Vissi in Messico gli anni della mia adolescenza e quelli del liceo, fino ai 18 anni. Ero un ragazzo vivace, curiosissimo, sperimentatore. Non mi spaventava nulla e mi entusiasmavano l’azione e l’avventura. A 14 anni guidavo senza patente, con tanto di inseguimenti con la polizia! Poi il Messico divenne sempre più pericoloso, politicamente instabile e inquinato: non era più il posto dove la mia famiglia vedeva realizzarsi il proprio futuro. 

Cosa accadde?

La Cinzano pensava di spostare alcuni stabilimenti in California e mio padre fece di tutto per farsi trasferire. Nell’attesa, io mi iscrissi all’università di Austin, Texas, per studiare computer science. Fu uno dei periodi più belli della mia vita, anche se breve: conobbi moltissimi ragazzi e vissi il sogno americano. Erano i primi anni ’80. Ad Austin vissi un anno, aspettando la chiamata di mio padre. Che, quando arrivò, non fu esattamente come mi aspettavo.

Austin, anni '70

Vista di Austin negli anni '80

 

La Cinzano non si stabilì in California?

Il progetto fu abortito e mio padre decise di tornare in Italia. Io lo seguii pensando che, in fondo, l’Italia rappresentava la mia vera patria. Era il luogo delle mie radici, delle tradizioni. Il luogo dove abitava la mia famiglia allargata: i nonni, gli zii, i cugini. Non parlavo l’italiano, non conoscevo la cultura del paese. Conoscevo il Belpaese solo dalle mie sporadiche vacanze. Ma ero pronto per una nuova avventura, per ritornare nel luogo da dove i miei genitori, vent’anni prima, erano partiti per il Nuovo Mondo.

LA STORIA CONTINUA QUI - RITORNO ALLA TERRA DEL VINO

 

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